L’Uroboro. Il serpente che si morde la coda, un mito senza fine
Nel labirinto delle mitologie antiche, esiste un simbolo che ha catturato l’immaginazione di artisti, filosofi e studiosi per secoli: l’Uroboro, il serpente che si morde la coda. Questa creatura enigmatica, rappresentata in culture diverse, racchiude un messaggio profondo e universale che trascende le barriere del tempo e dello spazio. L’Uroboro è un mito che non ha inizio né fine, un ciclo eterno che si ripete all’infinito. È proprio in questa sua natura circolare che risiede il suo fascino e la sua capacità di ispirare riflessioni sulla natura dell’esistenza e dell’universo.
Le Origini del Simbolo dell’Uroboro
Immergersi nella storia dell’Uroboro significa attraversare secoli di miti e simbolismi che affiorano in civiltà lontane. Le prime tracce di questo simbolo, un serpente o drago che si morde la coda formando un cerchio, risalgono all’antico Egitto, intorno al 1600 a.C., dove compare nei testi funerari del Libro delle Porte e nel Papiro di Dama Heruben.
In questo contesto, l’Uroboro simboleggiava la protezione e il ciclo perpetuo di morte e rinascita. Raffigurato mentre avvolgeva e proteggeva il dio sole Ra durante il suo viaggio notturno attraverso gli inferi, il serpente rappresentava l’eternità e il rinnovamento costante.
Dal mondo egizio, l’Uroboro si diffuse in altre culture, assumendo nuove interpretazioni.
Simbolismo e Rappresentazioni Culturali
Nella mitologia norrena, troviamo una figura simile nell’immagine di Jörmungandr, il serpente marino così grande da cingere il mondo intero e mordere la propria coda. Jörmungandr, però, incarna il caos primordiale e la distruzione ciclica. Al termine del Ragnarök, il serpente rilascia la coda, scatenando una battaglia che segna la fine del mondo e l’inizio di una nuova era.
Nell’alchimia medievale, l’Uroboro diventa l’emblema del processo alchemico di trasformazione, rappresentando l’unità degli opposti, la dissoluzione e la coagulazione della materia, simbolo del ciclo eterno di creazione, distruzione e rinascita. Il serpente alchemico è spesso accompagnato dall’iscrizione latina “Omnia ab uno, et in unum omnia” – tutto è uno, e tutto ritorna all’uno.
In Oriente, sebbene il drago cinese che insegue la perla sacra non sia un vero uroboro, il concetto di equilibrio e armonia universale riflette temi simili. La perla rappresenta saggezza e immortalità, elementi che risuonano con l’idea ciclica dell’Uroboro.
L’Uroboro nella Filosofia e nella Psicologia
L’Uroboro non ha ispirato solo miti e arte, ma ha lasciato il segno anche nella filosofia e nella psicologia moderna. Carl Gustav Jung vide nell’Uroboro un archetipo dell’inconscio collettivo, un simbolo dell’integrazione della personalità e della trasformazione interiore. Jung descrisse l’Uroboro come il simbolo del Sé che si rinnova continuamente, indicando il processo di individuazione e l’evoluzione dell’anima.
L’Uroboro incarna così l’unione degli opposti: distruzione e creazione, caos e ordine, morte e rinascita.
Tabella Riassuntiva:
Cultura | Nome | Significato |
---|---|---|
Egizia | Mehen | Protezione, ciclo solare, eternità |
Norrena | Jörmungandr | Caos, distruzione ciclica |
Alchemica | Uroboro | Trasformazione, unità degli opposti |
Cinese | Drago e Perla | Equilibrio, armonia universale |
L’Uroboro svanisce, inghiottito dalla propria coda, ma il cerchio non si spezza. Il mito rimane, sospeso tra le pieghe del tempo, un sussurro antico che attraversa epoche e culture. Non una fine, ma un eterno ritorno.
Come il serpente che si rinnova divorando se stesso, l’Uroboro continua a nutrire l’immaginario collettivo, simbolo inesauribile di ciclicità e infinito. La sua immagine rimane impressa nelle menti come un enigma affascinante, che invita a riflettere sul tempo, l’esistenza e il perpetuo rinnovarsi delle cose.